Il camoscio (Rupicapra rupicapra)
Abitante tipico della media e alta montagna, il camoscio vive in ambienti molto vari, accomunati soprattutto dalla ripidezza dei versanti e dalla presenza di roccia. Di dimensioni medie e forma compatta, misura in lunghezza da 100 a 130 cm. In autunno il peso è generalmente compreso fra 30 e 40 kg nei maschi e fra 25 e 30 kg nelle femmine. É caratterizzato da corna ricurve a uncino e permanenti, presenti in entrambi i sessi. Lo zoccolo è dotato di una solea morbida, che favorisce l'aderenza sulla roccia, di un bordo duro e tagliente, che permette di sfruttare i minimi appigli, e di una membrana che, estendendosi a ponte fra i due unghielli, garantisce una maggior superficie d'appoggio sulla neve. La sua dieta, in estate, è composta quasi esclusivamente da erbe fresche ma si arricchisce di foglie, arbusti, licheni e muschi durante la stagione invernale. Il camoscio è la specie di ungulato più diffusa e più abbondante del Parco ed è uniformemente distribuito nelle valli valdostane e piemontesi. Densità elevate si rilevano nei valloni di Campiglia, Noaschetta-Ciamoseretto, Sort, Levionaz e in Valnontey. Anche il camoscio viene seguito e studiato con particolare attenzione dai ricercatori del Parco. Un progetto di studio a lungo termine sulla eco-etologia della specie è in atto in alta Valle dell'Orco.
Un vecchio amico ancora da scoprire
Chi, passeggiando per sentieri che dolcemente attraversano una valle o si inerpicano su un pendio, non si è fermato ad osservare con meraviglia due camosci maschi che si inseguono determinati o un gruppo di femmine che pascolano in tranquillità sui verdi versanti erbosi? Camminando nel Parco è facile imbattersi in questi ungulati, alquanto comuni sulle nostre Alpi, ma con degli aspetti ancora ignoti riguardanti il loro comportamento e la loro ecologia.
Fra i pendii soleggiati dell’alta Valle Orco vi sarà capitato di notare alcuni camosci dotati di radiocollari ed orecchini colorati, chiedendovi probabilmente a cosa servano. Tramite osservazioni comportamentali su animali individualmente riconoscibili grazie all’uso di queste marcature, si è compreso come i maschi di questa specie seguano due tattiche riproduttive alternative. Alcuni di essi difendono, con un alto investimento energetico, un territorio ben delimitato nello spazio (territoriali); altri tendono a seguire le femmine, insediando i territori difesi dagli altri (non territoriali).
Terminate le fatiche della stagione riproduttiva e i rigori invernali, alcuni maschi, a prescindere dal comportamento riproduttivo, si allontanano e migrano verso “aree estive” (migratori), mentre altri effettuano esigui spostamenti, restando in zone più circoscritte (residenti). Non è ancora chiaro il legame tra questi comportamenti spaziali e la strategia riproduttiva adottata. A tal proposito negli ultimi anni, con l’utilizzo di collari satellitari che permettono una dettagliata tracciatura degli spostamenti individuali, si vuole far luce sulla questione. Chi avrà un maggior accesso alle femmine nella stagione riproduttiva successiva? In questo gioco di relazioni ed equilibri tra tattiche comportamentali diverse, le femmine ricoprono un ruolo fondamentale.
Il successo di accoppiamento dei maschi dipende dalla disponibilità delle femmine, quindi dagli spostamenti di queste, regolati dalla distribuzione delle risorse al momento della stagione riproduttiva. Sebbene questa fase sia un momento cruciale per entrambi i sessi, l’investimento delle femmine di camoscio si protrae per buona parte dell’anno. Con i loro spostamenti, volti alla continua ricerca delle risorse ottimali, favoriscono la sopravvivenza della prole, fondamentale per la sussistenza della popolazione.
Da qui nasce l’esigenza di descrivere la loro distribuzione nel tempo e di indagare quali fattori ambientali e climatici, come ad esempio temperatura e copertura nevosa, la regolano. Lo studio prevede una mappatura dei gruppi di femmine, sia per mezzo di tecnologia satellitare, sia tramite osservazione diretta, al fine di ottenere un quadro descrittivo dei movimenti stagionali delle femmine di camoscio e della loro relazione con l’andamento climatico. Speriamo che questo possa permettere di approfondire la conoscenza scientifica fondamentale per la conservazione di questa specie a tutti noi familiare, ma ancora in parte enigmatica.
Con contributi di Emanuel Rocchia ed Antonella Cotza
Foto: Marco Ferrando